venerdì 7 marzo 2014

Nuovo Centro per disabili in Tanzania
“Twende pamoja". Andiamo avanti insieme !




Mbeya- Tanzania, 26 febbraio 2014: 
Si inaugura  il terzo centro per disabili
del progetto “Simama” del Cesc-Project
Michelangelo Chiurchiù




Quando arriviamo a Mbeya, la terza città della Tanzania,  il salone della Chiesa cristiana moraviana - una comunità religiosa protestante-  è già pieno: festa di colori delle mamme con i bambini sulla schiena, le autorità nelle prime file, i medici del vicino ospedale, atmosfera delle grandi occasioni.


Oggi si inaugura il terzo centro diurno per l'attività di riabilitazione con i bambini disabili del progetto “Simama” nel quartiere Iyunga. 



Il paziente lavoro di una nostra operatrice, Giada, e del nostro referente locale, padre Furaha, ha dato i suoi frutti: la comunità moraviana ha offerto gratuitamente per tre anni uno spazio nel quale si ritroveranno 20 bambini disabili, seguiti da due operatrici di base che svolgeranno attività riabilitative monitorate dagli specialisti (fisioterapisti e medici) dell’Ospedale di Mbeya. 

 Ancora una volta per 20 famiglie, insieme alle 50 che già frequentano gli altri due centri, la presenza della bambina o del bambino disabile, non sarà un peso da portare nel silenzio e perfino con vergogna: siamo riusciti finalmente a infondere speranza e far capire a molte mamme - sì perché nel 40% dei casi i papà sono scappati quando hanno saputo della presenza del disabile-  che il figlio può partecipare alla vita sociale, può essere inserito a scuola, può acquisire un'autonomia, la più ampia possibile. 

All'inaugurazione del centro partecipano molte autorità civili e religiose: il sindaco della città di Mbeya, un deputato locale, i rappresentanti delle comunità religiose.
Due cose colpiscono agli occhi di noi occidentali che siamo gli invitati di riguardo in questa festosa manifestazione.
Prima di iniziare a parlare tutti salutano con tre formule: “Tumsifu Yesu Cristo” (Sia lodato Gesù Cristo), “Bwana Yesu Asifiwe” (Lode al Signore Gesù), “Salama” (Pace).
Sono i saluti dei cattolici, dei luterani, degli islamici. 


È un segnale importante in un Paese, come in molte nazioni dell'Africa sud sahariana, dove le tensioni e gli scontri religiosi hanno causato in questi ultimi mesi numerose vittime tra la popolazione civile. Ma in nome del servizio alle persone più fragili e alle loro famiglie tutti offrono il proprio contributo e si ritrovano uniti.
Il secondo elemento che colpisce è il protagonismo delle famiglie dei disabili.

Quando parla il loro rappresentante - un papà molto energico -  si capisce con chiarezza che la strada intrapresa è quella giusta. Abbiamo lavorato molto perché le mamme e i papà dei nostri bambini prendessero consapevolezza dei loro diritti, fossero capaci di rivendicarli davanti ai responsabili delle comunità locali per ottenere quei servizi minimi che la legge garantisce loro: l'inserimento scolastico, insegnanti dedicati, fondi per pagare gli operatori che sono presenti.

Quando parliamo e diciamo che l'obiettivo del nostro progetto non è solo quello di promuovere dei servizi, ma di dare sostenibilità nel tempo ad una iniziativa è tutta rivolta ai loro figli, vediamo gli occhi dei presenti che si illuminano e tanti cenni di assenso. Un'esplosione di gioia attraversa la sala  quando, per concludere, diciamo in swahili: “Twende pamoja”- Andiamo avanti insieme !







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