La morte di Pierre Carniti mi riempie di dolore e di emozioni. La perdita di una persona che sino all’ultimo respiro ci ha richiamati alle nostre coerenze ci lascia disorientati e più soli.
Si affollano, in questo momento, i ricordi personali e collettivi di una persona straordinaria, di un’epoca tumultosa e viva, di un’esperienza che ha segnato la vita di molti. L’intelligenza e l’acutezza, la tenacia e il coraggio, la forza e la semplicità, sono solo alcune delle caratteristiche dell’uomo che ha guidato il sindacato italiano in anni complessi, difficili, ma decisivi per il riscatto sociale ed economico, per i diritti e la dignità di milioni di lavoratori.
Lucido al limite della freddezza, ma sempre intriso di speranza e di voglia di futuro; indagatore spietato degli errori altrui e nostri, ma instancabile ed esigente stimolatore di ricerca delle soluzioni che migliorassero le condizioni di vita della gente, Pierre ha trascinato molti giovani, ragazzi quali eravamo, all’impegno sociale e alla passione civica, all’entusiasmo di sentirsi parte attiva, protagonisti di un destino.
Chi, come me, ha avuto la fortuna, da giovane, di lavorare al suo fianco (in quella FLM di corso Trieste, dove ci giudavano, con lui, Trentin e Benvenuto) e di seguirlo poi negli anni successivi, sino alla recente celebrazione dei suoi ottan’anni; chi, come le migliaia di sindacalisti, di delegati e militanti; chi come i milioni di persone che hanno vissuto la storia dell’emancipazione del lavoro, pensando a Carniti, ai suoi caldi interventi pubblici, al suo stile sobrio e deciso di dirigere le organizzazioni, sa esattamente quale sia davvero il significato più autentico della parola leader, così abusata e così scarsamente impersonificata.
Grazie Pierre per quello che sei stato e per quello che ci hai dato.
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