lunedì 25 luglio 2016

Abbraccialo per me



Il regista ci scrive......


Questo film, in qualche modo, è influenzato dalla frequenza che da oltre vent’anni mio figlio Daniele ha con questa meravigliosa comunità.


Qui io e la mia famiglia abbiamo trovato quella cura e quel sostegno di cui avevamo bisogno per guardare con una certa fiducia al futuro di nostro figlio..

Gli amici di Daniele e gli operatori che quotidianamente lo seguono con impegno e professionalità, sono diventati gli angeli della nostra speranza. Quella speranza che il mio film vuole dare a tutte quelle famiglie che hanno in casa il problema della disabilità intellettiva, accendendo un fascio di luce su questi “cittadini invisibili”. Di loro, di solito, i mezzi di comunicazione si occupano solo quando sono vittime o protagonisti di gravi fatti di cronaca.


Non ho la presunzione con il mio film di trovare o proporre soluzioni sociopolitiche o terapeutiche al grande problema della disabilità intellettiva, mi basta che lo spettatore dopo aver visto il film, incontrando un disabile sottobraccio a un familiare, non giri la testa dall’altra parte ma gli faccia un sorriso o, meglio ancora, una carezza.




            Vittorio Sindoni

            Con tanto affetto






“Abbraccialo per me” un film di forte impatto emotivo del regista Vittorio Sindoni. 

Una storia che tocca in modo realistico una serie di importanti temi che nel mondo del disagio mentale si presentano spesso. Sono storie famigliaricon percorsi che si ripetono e meccanismi difficili da modificare. 

Famiglie sempre più sole, che hanno difficoltà a chiedere aiuto e che arrivano a disgregarsi. Contesti sociali, scuola, quartiere, ostili, ipercritici e giudicanti che portano inevitabilmente alla chiusura.

Nel film bene vengono rappresentate dinamiche familiari che vedono mamme ipercoinvolte con il figlio problematico, con padri periferici che si sentono esclusi dal rapporto “simbiotico” privilegiato tra madre e figlio, e che inevitabilmente scadono nel vortice dell’accusa reciproca, della distanza emotiva e della separazione. Ed il giovane “fragile“ che si sente causa di tutti i problemi famigliari. 

Situazioni complesse che si ripetono. Ed il regista non si limita solo a raccontare in modo realistico ciò che accade in tante famiglie che vivono il disagio psichico, ma individua nel finale del film tra le varie possibilità uno spiraglio, una via d’uscita: la casa famiglia dove il  giovane potrà essere accolto con affetto, competenza e professionalità, dove potrà esprimere e potenziare le sue risorse e passioni. E dove la sofferenza della famiglia verrà accolta e ascoltata, favorendo un percorso di collaborazione con la stessa, che preveda un graduale distacco e un aiuto. 

Quindi una chiusura positiva del film che apre alla speranza e delinea possibili vie di soluzione a problemi complessi.

Enrica De Miranda

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