
Il regista ci scrive......
Questo film, in qualche modo, è influenzato
dalla frequenza che da oltre vent’anni mio figlio Daniele ha con questa
meravigliosa comunità.
Qui io e la mia famiglia abbiamo trovato
quella cura e quel sostegno di cui avevamo bisogno per guardare con una certa
fiducia al futuro di nostro figlio..
Gli amici di Daniele e gli operatori che
quotidianamente lo seguono con impegno e professionalità, sono diventati gli
angeli della nostra speranza. Quella speranza che il mio film vuole dare a
tutte quelle famiglie che hanno in casa il problema della disabilità
intellettiva, accendendo un fascio di luce su questi “cittadini invisibili”. Di
loro, di solito, i mezzi di comunicazione si occupano solo quando sono vittime
o protagonisti di gravi fatti di cronaca.
Non ho la presunzione con il mio film di
trovare o proporre soluzioni sociopolitiche o terapeutiche al grande problema
della disabilità intellettiva, mi basta che lo spettatore dopo aver visto il
film, incontrando un disabile sottobraccio a un familiare, non giri la testa
dall’altra parte ma gli faccia un sorriso o, meglio ancora, una carezza.
Vittorio
Sindoni
Con tanto affetto
“Abbraccialo per me” un film di forte
impatto emotivo del regista Vittorio Sindoni.
Una storia che tocca in modo realistico una serie di importanti temi
che nel mondo del disagio mentale si presentano spesso. Sono storie famigliaricon percorsi che si ripetono e meccanismi
difficili da modificare.
Famiglie sempre più sole, che hanno difficoltà a chiedere aiuto e che arrivano a disgregarsi.
Contesti sociali, scuola, quartiere, ostili, ipercritici e giudicanti che
portano inevitabilmente alla chiusura.
Nel film bene vengono rappresentate
dinamiche familiari che vedono mamme ipercoinvolte con il figlio problematico, con padri periferici che si sentono
esclusi dal rapporto “simbiotico” privilegiato tra madre e figlio, e che
inevitabilmente scadono nel vortice dell’accusa reciproca,
della distanza emotiva e della separazione. Ed il giovane “fragile“ che si
sente causa di tutti i problemi famigliari.
Situazioni complesse che si ripetono. Ed
il regista non si limita solo a raccontare in modo realistico ciò che accade in tante famiglie che vivono il disagio
psichico, ma individua nel finale del film tra le varie possibilità uno
spiraglio, una via d’uscita: la casa famiglia dove il giovane potrà essere accolto con affetto,
competenza e professionalità, dove potrà esprimere e potenziare le sue risorse e
passioni. E dove la sofferenza della famiglia verrà accolta e ascoltata,
favorendo un percorso di collaborazione con la
stessa, che preveda un graduale distacco e un aiuto.
Quindi una chiusura
positiva del film che apre alla speranza e delinea
possibili vie di soluzione a problemi complessi.
Enrica De Miranda
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