Nei giorni scorsi ci ha lasciato
Michele Rizzi, uno dei protagonisti della lunga, bella e grande storia della
Comunità di Capodarco. Uno di quei giovani disabili che nel Natale del ’66
presero il coraggio a due mani, si misero alle spalle istituti ed altri luoghi
emarginanti, per seguire in una vecchia villa abbandonata un giovane sacerdote
che predicava diritti, integrazione e solidarietà, don Franco Monterubbianesi.
Michele in tutti questi anni ha
saputo accompagnare tanti di noi in un cammino, certamente duro e difficile, ma
che ha dato buoni frutti, perché non si è mai sottratto alle sfide del mondo
che ci circonda ed ha saputo realizzare ogni volta risposte concrete a vecchi e
nuovi bisogni sociali. E’ tra i primi che si cimentano nei laboratori a
produrre per le imprese marchigiane. Mette su famiglia con Emma nell’agosto del
’70 con quei primi matrimoni sulla terrazza di Capodarco, fatto inaudito
all’epoca. E poi a Roma con moglie, figli e poi anche i nipoti in Via Tropea,
in quella sua casa famiglia che accoglie giovani, persone con disabilità e
problemi da condividere quotidianamente.
E’ tra i fondatori nel 1975 della
Cooperativa Capodarco Elettronica, fra le prime cooperative integrate in
Italia, così le chiamavamo allora in assenza di norme in materia, con
l’obiettivo di realizzare quella “fabbrica alternativa” che pian piano prese
corpo prima nei sotterranei di via Sinopoli e poi nei capannoni di Via
Silicella tra catene di montaggio e saldatrici a comporre complesse basette elettroniche per l’Autovox, la Fatme
e tante altre importanti industrie elettroniche.
E sempre in quel fantastico anno
è ad accogliere nella nuova sede di Via Lungro, con tanto di riprese RAI, i
primi obiettori di coscienza in servizio civile. Tanti di loro nel corso degli
anni vanno a vivere nella sua casa, fanno squadra e progettano cose nuove. La
Cooperativa Apemaia fra tutte, raccoglie con tanti giovani, disabili e non,
quello che gli altri buttano e ne fa indumenti ed oggetti che, rigenerati,
propone ai tanti operatori del mercato dell’usato. E, non ancora contento, tra
una partita e l’altra di hokey in carrozzina, amava e sosteneva con la Thunder
Roma un’importante attività sportiva, con la nuova Cooperativa Cuore e Lavoro
va a cimentarsi addirittura sulle nuove frontiere tecnologiche offerte dai
droni.
Una vita piena, a volte dura, ma
sempre attiva a dispetto di quella distrofia muscolare che giorno dopo giorno
debilitava i suoi muscoli ed il suo fisico. Quella malattia che lo ha portato
via dal mondo, ma non dal cuore e dal ricordo di tutta la Comunità.
Augusto Battaglia
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